Licenziamento o dimissioni verbali? Cosa stabilisce la Cassazione.
Quando un lavoratore decide di porre fine al suo rapporto di lavoro, la modalità con cui comunica questa decisione è un aspetto fondamentale. In particolare, la questione riguarda l’accettazione delle dimissioni verbali e il loro valore legale. La Corte di Cassazione ha recentemente affrontato questo problema stabilendo che la forma scritta è essenziale sia per il licenziamento che per le dimissioni. Questa sentenza ha importanti implicazioni per lavoratori e datori di lavoro, poiché determina se una semplice affermazione verbale possa essere considerata valida e se un datore di lavoro possa legittimamente ritenere risolto il rapporto sulla base di tali affermazioni.
Cos’è il recesso dal contratto di lavoro?
Il recesso dal contratto di lavoro si riferisce alla decisione unilaterale di una delle parti, che può essere il lavoratore o il datore di lavoro, di porre termine al rapporto di lavoro. Questa decisione può avvenire in diversi modi:
- Dimissioni: Quando il dipendente sceglie liberamente di porre fine al rapporto di lavoro senza doverne specificare le motivazioni.
- Licenziamento: Quando il datore di lavoro decide di porre fine al rapporto, che può essere per giusta causa, giustificato motivo soggettivo o oggettivo, oppure per motivi economici.
Sia le dimissioni che il licenziamento devono rispettare l’obbligo di preavviso, a meno che non avvengano per giusta causa, cioè a seguito di una grave violazione del contratto di lavoro.
Il problema
Perché è così importante stabilire se le dimissioni verbali sono valide? Immaginiamo una situazione in cui c’è una disputa tra un datore di lavoro e un dipendente che conduca a una rottura immediata del rapporto di lavoro. In questo caso, se le dimissioni o il licenziamento non vengono formalizzati per iscritto, possono sorgere dubbi sulla validità di tali azioni.
Se il dipendente contestasse in seguito il licenziamento verbale, che per legge è nullo perché richiede la forma scritta, potrebbe avere diritto alla reintegrazione. D’altra parte, il datore di lavoro potrebbe difendersi sostenendo che è stato il lavoratore a dichiarare, seppur solo verbalmente, di non voler più lavorare. Ecco perché è fondamentale comprendere se le dimissioni verbali siano valide o se, in assenza della forma scritta, si tratta di un licenziamento orale, che è illegittimo secondo la legge.
Quali sono le modalità di dimissione?
L’articolo 26 del Decreto Legislativo n. 151 del 2015 ha stabilito precise regole per la presentazione delle dimissioni. La legge richiede che le dimissioni siano effettuate telematicamente attraverso un modulo disponibile sul sito del Ministero del Lavoro. Questa procedura è stata introdotta per proteggere i lavoratori da possibili coercizioni o dimissioni non volontarie, fenomeno noto come “dimissioni in bianco”. In passato, i datori di lavoro facevano spesso firmare ai dipendenti un modulo in bianco al momento dell’assunzione che veniva poi datato solo quando il datore di lavoro intendesse porre fine al rapporto di lavoro.
Conclusione
In conclusione, ormai la giurisprudenza consolidata stabilisce chiaramente che la forma scritta è essenziale sia per il licenziamento che per le dimissioni. Pertanto, se sussiste un dubbio sulle ragioni della cessazione del rapporto di lavoro, la giurisprudenza tende a considerare le dimissioni verbali inefficaci, rendendo necessario che il datore di lavoro dimostri che il dipendente ha volontariamente interrotto il rapporto di lavoro. In caso di incertezza, in presenza di un’assenza immotivata del dipendente, il datore di lavoro dovrebbe invece procedere con un licenziamento per giusta causa, rispettando le forme stabilite dalla legge.