
Licenziamento ed assenze frequenti per malattia
In Italia, la legge prevede che il lavoratore assente per malattia abbia diritto alla conservazione del posto di lavoro sino al raggiungimento del periodo massimo previsto dalla contrattazione collettiva o dagli usi. Il cosiddetto “periodo di comporto” è un limite entro il quale il datore di lavoro non può procedere al licenziamento del dipendente assente per malattia.
Tuttavia, in caso di assenze per malattia ripetute e in prossimità di giorni festivi, permessi o ferie, il datore di lavoro può procedere al licenziamento del dipendente, ma solo se è in grado di dimostrare la sussistenza di gravi ragioni, quali, ad esempio, una condotta fraudolenta o negligente, posta in essere in violazione dei principi di correttezza e buona fede che ispirano lo svolgimento del rapporto di lavoro.
In linea generale, quindi, le numerose assenze per malattia, di per sé, non possono integrare gli estremi dello scarso rendimento e giustificare un licenziamento da parte del datore di lavoro.
È importante considerare che la legge italiana prevede l’obbligo per il lavoratore di presentare un certificato medico per giustificare le assenze per malattia e che il datore di lavoro può controllare lo stato di malattia del lavoratore solo presentando la richiesta di visita medica di controllo in via telematica, attraverso il portale dell’Inps.
Inoltre, è importante sottolineare che il licenziamento per giustificato motivo soggettivo (cioè legato a comportamenti del lavoratore posti in violazione dei propri doveri contrattuali) deve essere preceduto dall’invio di un preavviso scritto al lavoratore, contenente l’indicazione delle ragioni del licenziamento e, in alcuni casi, dalla convocazione dell’interessato per un confronto preventivo, prima dell’adozione della decisione di licenziamento.
In sintesi, il licenziamento di un lavoratore assente per malattia può essere legittimo solo se sussistono gravi ragioni e se sono state rispettate tutte le procedure previste dalla legge.