Una nostra cliente, a pochi mesi dalle nozze, si rivolgeva ad un istituto di credito per ottenere un prestito per il pagamento delle spese matrimoniali. Nel corso dell’istruttoria si vedeva rifiutato il prestito, in quanto risultava un’iscrizione pregiudizievole del suo nominativo presso la Centrale dei Rischi della Banca d’Italia, causata da uno sconfinamento in conto corrente. La stessa, attonita per l’inspiegabile circostanza, si rivolgeva al nostro Studio per poter ricevere assistenza nella vicenda.
Nel caso concreto, la nostra cliente ignorava il motivo della segnalazione in Centrale Rischi, non essendo insolvente, per quanto a sua conoscenza, nei confronti di nessun Istituto di credito.
Pertanto, lo Studio inoltrava a Banca d’Italia la domanda di accesso ai dati della Centrale Rischi sulla posizione della Cliente: emergeva un’iscrizione come soggetto insolvente per crediti scaduti o sconfinati per più di 90 giorni e non oltre 180, da parte di una banca con cui la signora aveva chiuso un rapporto di conto corrente, con saldo € 0,00, circa quattro mesi prima.
Interpellato formalmente l’Istituto di Credito, si scopriva che l’iscrizione era stata originata a seguito dell’addebito delle competenze di 3,50 euro mensili, via via accumulatosi sino all’estinzione del conto corrente (effettuata mesi dopo la richiesta di estinzione), e che quindi l’Istituto, senza nessuna preventiva comunicazione, effettuava l’iscrizione pregiudiziale per un debito di € 14,00.
Alla luce dei fatti accertati e dell’illegittimità dell’iscrizione, si procedeva ad intentare una causa civile per ottenere la cancellazione del pregiudizio ed il risarcimento dei danni, conseguenti al mancato realizzarsi del matrimonio della nostra assistita, in ragione dell’impossibilità di sostenere le spese necessarie, alla luce del mancato ottenimento di un prestito per la liquidità.
Il giudice, accogliendo pienamente le doglianze formulate per conto della nostra cliente accertava che lo sconfinamento risultava chiaramente imputabile al ritardo con cui la banca ha provveduto alla chiusura del conto (pacificamente richiesta a maggio 2015 ed eseguita soltanto nell’ottobre successivo); a ciò va aggiunto che, dal punto di vista procedurale, la banca avrebbe dovuto avvertire la cliente circa la pendenza di uno sconfinamento a suo carico visibile in Centrale Rischi, quantomeno a partire dal momento in cui tale sconfinamento è diventato persistente; infatti l’ultima rilevazione mensile visibile, relativa al mese di agosto 2015, recava uno sconfinamento superiore ai 90 giorni e non oltre i 180: tale stato assume rilevanza ai fini dell’obbligo di informativa di cui all’art. 125 co.3 TUB (cfr. cap. II sez. 3 parag. 9 Reg. 139/1991).
Alla luce di tali circostanze, veniva posto a carico della banca l’ordine di cancellazione di qualunque iscrizione. La banca veniva inoltre condannata a risarcire alla nostra cliente, la somma di € 40.000,00, in ragione del grave pregiudizio subito, ed ampiamente provato con testimoni e documenti, in ragione dell’esigenza di rinviare il proprio matrimonio.